I cani di Bangkok

L’altra notte, in una Bangkok che il coprifuoco ha disconnesso dalla sua realtà, ho sentito i cani. E mi è venuto in mente l’incipit di Insallah, di Oriana Fallaci. Lo sono andato a cercare…

“La notte i cani randagi invadevano la città. Centinaia e centinaia di cani che approfittando dell’altrui paura si rovesciavano nelle strade deserte, nelle piazze vuote, nei vicoli disabitati, e da dove venissero non si capiva perché di giorno non si mostravano mai. Forse di giorno si nascondevano tra le macerie, dentro le cantine delle case distrutte, nelle fogne coi topi, forse non esistevano perché non erano cani bensì fantasmi di cani che si materializzavano col buio per imitare gli uomini da cui erano stati uccisi. Come gli uomini si dividevano in bande arse dall’odio, come gli uomini volevano esclusivamente sbranarsi, e il monotono rito si svolgeva sempre con lo stesso pretesto: la conquista d’un marciapiede reso prezioso dai rifiuti di cibo e dal marciume…”.

E’ più bello di come lo ricordassi. E mi è sembrato perfetto per quella notte di Bangkok, dove bande di fantasmi si davano la caccia. Poi ho ascoltato e guardato meglio la notte. Mi sono focalizzato sulle guglie di un tempio, sulle luci sopra i grattacieli. L’abbaiare dei cani suonava meno inquietante. Erano gli stessi che vedevo durante il giorno, sonnecchiare nella calura. E si sentiva anche il frinire degli insetti.
No, Bangkok non è Beirut.
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