La morte in luoghi remoti

FakingItInBangkok2Gli omicidi accadono ovunque la gente vive. Nessun paese è risparmiato. Per quelli che rimangono, un omicidio è una tragedia, qualcosa che resta impresso nella memoria tutta la vita. La realtà è che la maggior parte degli omicidi sono affari interni. Spesso si verificano nello stesso paese in cui l’assassino e la vittima sono nati, educati, hanno lavorato e si sono divertiti. L’assassino e la vittima spesso hanno condiviso cultura e linguaggio. Probabilmente hanno visto gli stessi film e programmi televisivi. Per loro erano famosi gli stessi personaggi, che, al di fuori di quel comune contesto, sono del tutto sconosciuti. In altre parole, possiamo considerarli come appartenenti alla stessa "tribù".
Quando qualcuno è vittima di un omicidio in un paese straniero e l’assassino o gli assassini sono nativi di quel paese, l’uccisione accende l'interesse dei media. Sin da “Morte a Venezia” di Thomas Mann, abbiamo il sospetto che, quando qualcuno è ucciso in un paese straniero, dobbiamo prestare particolare attenzione ai legami tribali della vittima e dell’assassino. Anche se in “Morte a Venezia” il killer era il colera, e non qualcuno con un coltello o una pistola, il punto è che la morte in vacanza attira l’attenzione.
In primo luogo, tutti noi facciamo o sogniamo di fare le vacanze in terre straniere. Ci attrae l’idea di distenderci su un’incontaminata spiaggia di sabbia bianca con un bel drink sormontato da uno di quegli ombrellini di carta, rilassarci e godersi la brezza del mare. Se qualcuno, proprio come te, un rispettabile impiegato della classe media, apre un giornale e legge di qualcun altro del tutto simile a lui che è stato trovato con un coltello nella schiena, quella morte diventa quasi un fatto personale. Potrebbe essere accaduto a te su una spiaggia in Francia, Grecia, Thailandia o India, il tipo di posti dove sei stato o vorresti andare.
In secondo luogo, come in “Morte a Venezia”, la polizia e i funzionari governativi dei paesi che promuovono la “vacanza da sogno” possono dimostrarsi ben poco disponibili quando uno straniero è aggredito o ucciso. In quanto rappresentanti del governo hanno un conflitto d’interessi. Devono dimostrare che il loro paese amministra un sistema di giustizia penale degno di rispetto a livello internazionale. Non c’è forza di polizia o sistema giudiziario di qualunque paese che sia felice di trovarsi improvvisamente alla ribalta mondiale per un’inchiesta sulla morte o sulla violenza di uno straniero. L’ambasciata pertinente telefona ai funzionari più importanti, i parenti della vittima e i parlamentari locali vogliono accertarsi che l'ambasciata faccia seguito a richieste d’informazioni. Spuntano i giornalisti del paese della vittima facendo domande a tutti. I social network diffondono messaggi di paura e ostilità.
In maggio gli arrivi dei turisti in Thailandia sono aumentati del 66 per cento rispetto a un anno fa (1,3 milioni a fronte di 826.000), e il paese ha il maggior profitto turistico di ogni altro in sud-est asiatico. In questa situazione è facile perdere il controllo, tanto più che il governo di un paese come questo, nel caso dell’omicidio di un turista,
deve far fronte a molte sollecitazioni. I suoi funzionari sono preoccupati del calo degli arrivi e dell’impatto che avrebbe sui posti di lavoro e sull’economia alberghiera, così come del conseguente effetto di crisi, con riduzione delle entrate nei centri di vacanza. Le località turistiche sono un bacino elettorale. La tensione dall’estero è alta, ma mai tanto alta come quella provocata dagli elettori scontenti.
Ho sollevato la questione dei centri di villeggiatura, come Pattaya e Phuket, perché di recente hanno fatto notizia come luoghi in cui gli stranieri sono stati aggrediti, stuprati, picchiati o uccisi.
La stampa estera non sempre distingue i casi che riguardano i turisti da quelli degli espatriati. Forse non è così, ma sarebbe auspicabile che un espatriato che vive in un altro paese (in contrapposizione a un turista in vacanza) avesse migliore informazione e maggiore esperienza della popolazione, i costumi e la cultura locale e fosse così in grado di stare alla larga dai guai con maggiore facilità. Chiunque abbia bazzicato un po’ l’ambiente degli espatriati, però, ne avrà incontrato qualcuno che supera i limiti e si espone al rischio d’aggressione o omicidio per il suo coinvolgimento in attività criminose. In tal caso, la tensione si attenua dato che la vittima dell’omicidio non è più l’immagine speculare di chi se ne va tranquillamente in vacanza in Thailandia, bensì di qualcuno che probabilmente è coinvolto in affari illeciti. Naturalmente, anche i turisti si mettono nei guai…

La pressione della cattiva pubblicità diminuisce quando i presunti assassini sono essi stessi stranieri. In altre parole, se qualcuno viene ucciso in una terra esotica da un compatriota, ciò ha un diverso impatto emotivo sui potenziali turisti che devono programmare le vacanze. Sembra che la vera paura non sia tanto di essere uccisi, quanto di essere uccisi da uno straniero in una terra lontana. Essere ucciso da qualcuno della tua stessa nazionalità appare un fatto normale. Essere ucciso da cittadini di un altro stato, beh, questo è molto peggio, soprattutto se sono degli “indigeni”, dato che sono proprio loro le persone che appaiono felici nella brochure di viaggi che ti hanno convinto che quel luogo di villeggiatura era un luogo ideale per rilassarsi (non certo per farsi ammazzare). Il motivo per cui noi classifichiamo mentalmente gli omicidi a seconda che avvengano all’interno della stessa tribù o coinvolgano membri di tribù diverse è davvero una di quelle questioni circa l’evoluzione che gli scienziati dovrebbero prima o poi analizzare. Ma sino a quel momento i turisti continueranno ad aver più paura quando uno straniero viene ucciso in un paese lontano da un abitante di quel paese.
Le tragedie che i governi hanno maggiori probabilità di evitare richiamando l’attenzione internazionale, sono spesso determinate da problemi quali la mancanza di formazione, la disattenzione, la manutenzione scadente, la insufficienti norme sanitarie, la mancanza di controllo sugli alimenti o sugli animali domestici, e, più in generale, un comportamento imprudente. In queste categorie di cause rientrano i traghetti che affondano, gli incidenti aerei, ferroviari, stradali, le epidemie e le infezioni virali, le malattie derivate da fenomeni meteorologici estremi e inquinamento. Rispetto a un omicidio, queste morti per cause non di violenza personale, conquistano i titoli dei media di tutto i mondo e, se la magnitudine è sufficiente, possono seriamente disturbare il business del turismo.
C’è da rilevare, però, che, quando lo tsunami ha colpito la Thailandia nel 2005 e migliaia di persone sono state uccise, tra cui migliaia di turisti stranieri, non ci sono state gravi conseguenze sul turismo, che si è ripreso in breve tempo. Il motivo per cui lo tsunami, di gran lunga più devastante e distruttivo di un singolo omicidio, ha avuto meno impatto in tal senso, è semplice. I turisti non incolpano i locali della morte dei loro cari a causa di calamità naturali. Gli stranieri hanno piuttosto provato ammirazione per gli sforzi del governo thailandese per recuperare i corpi, informare i parenti, fornire informazioni e conforto ai sopravvissuti.
Basta un omicidio, invece, perché un potenziale turista si fermi a riflettere chiedendosi: “devo annullare quel viaggio in Thailandia, o in Messico, o in Sri Lanka, perché un turista è stato ucciso e la polizia e il governo non sembrano troppo impegnati nel risolvere il caso?”. Conta poco se la polizia o le autorità locali stanno lavorando tutto il giorno sul caso, ciò che conta è la percezione che qualcuno del loro paese è stato assassinato e la polizia non ha ancora arrestato nessuno.
La pressione internazionale sulla polizia locale dei paesi esotici può anche avere un effetto controproducente. Possono scegliere un capro espiatorio e addossare la colpa a lui o lei. Il sospetto viene filmato nella ricostruzione del crimine. Sembra tutto così reale. Vera o no, avrà l’effetto desiderato e rassicurerà gli stranieri sull'efficienza e la diligenza delle autorità nell’affrontare questi casi. Tutto ciò garantisce una sensazione di deterrenza e tanto basta a cancellare quel po' di dubbi sui vostri piani per le vacanze. Tuttavia, ciò che è buono per la vostra psiche non è lo è altrettanto per quel disgraziato che resterà a marcire in prigione.
La prossima volta che leggerete di un turista ucciso in un remoto luogo esotico, non chiedetevi se è dovete annullare la vostra vacanza laggiù, ma se, a conti fatti, il rischio maggiore è di essere assassinato in vacanza o di essere ucciso in un incidente d’auto sulla strada per l'aeroporto. Se considerate le probabilità, nella maggior parte dei casi, la parte più pericolosa della vostra vacanza sarà proprio quella sulla strada da e per l'aeroporto. Inoltre se prendete in considerazione le statistiche tra vittime e killer, scoprirete che, nella maggior parte dei casi, si conoscono l'un l'altro. Sono membri della stessa tribù. Nella prossima vacanza, dunque, sarebbe opportuno essere molto prudenti andando all'aeroporto con attenzione e, quando effettuate il check-in nell'hotel di una terra esotica, tener d’occhio i membri della vostra tribù. Perché, statisticamente, sono questi i rischi maggiori d’essere uccisi.

Tratto da Faking It in Bangkok, Haven Lake Press, 2012. Per gentile concessione dell’autore.
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