Tra Europa e Asia

Giorno dopo giorno, diviso tra Asia ed Europa per motivi che sfuggono alla mia volontà ma non alla mia scelta, annoto, scrivo, progetto. Cerco di cogliere segnali di connessione tra i due mondi non fosse altro che per dare senso al mio stare in bilico.
A volte le storie trovano una loro via, altre no. In ogni caso spesso le dimentico. E invece loro continuano a vivere, più o meno latenti nell’archivio di files. A volte riappaiono cercando altro, per serendipità.
E’ accaduto con un articolo sull’Asia-Europe Meeting, svolto a Milano l’ottobre scorso. Avevo seguito il Meeting e scritto l’articolo per dare un senso anche professionale alla permanenza italiana e perché mi sembrava interessante osservare uno spettacolo che normalmente seguo in Asia su un altro scenario. Ma poi, forse proprio perché estraniato dal mio contesto abituale, quell’articolo mi era apparso troppo astratto, un po’ oscuro.
Rileggendolo a Bangkok, però, ho scoperto che le sue ombre qui assumevano un contorno più definito. Tanto più alla luce di ciò che sta accadendo su scala globale. Uno spettacolo di luci e ombre, quindi, che voglio mettere in scena su Bassifondi.
OPENING CEREMONY
“Overshadow”, oscurare, mettere in ombra. E’ stato il mantra più ripetuto e la formula di comprensione dell’Asem. In un certo senso è sembrato di assistere a una rappresentazione di quello che in sud-est asiatico è noto come “il teatro delle ombre”, lo “Sbaek Thom” cambogiano: ogni ombra può raccontare qualsiasi storia e gli stessi marionettisti s’interrogano sul significato delle ombre che animano.
La decima edizione dell’Asem, forum biennale istituito nel 1996 per rafforzare la cooperazione e il dialogo euro-asiatico, si è svolta a Milano, l’ottobre scorso. Erano presenti Capi di Stato, ministri, funzionari di 53 paesi: 29 dell'Unione Europea più Norvegia e Svizzera, e 22 asiatici. Messi assieme, i paesi dell’Asem assommano il 62.5 per cento della popolazione mondiale, il 57 per cento del PIL e il 60 del commercio globale. “Collaborazione responsabile per una crescita e una sicurezza sostenibili”, il tema di questa “piattaforma di dialogo informale”: tanto vasto da prestarsi a ogni discussione e interpretazione su questioni economiche, politiche, culturali, climatiche, energetiche.
Tanti personaggi e dialoghi, di cui si avevano visioni fuggevoli e vaghe informazioni, hanno creato l’effetto ombra. In Cambogia, in occasione del Summit Asean 2012, a Bangkok, dove vivo, in altri meeting internazionali, ho verificato quanto sia difficile decodificare le trame del potere. Ma è stato proprio a Milano, nel mio paese d’origine, che ciò mi è apparso ancor più oscuro. Probabilmente perché qui era più complesso stabilire un confine tra Oriente e Occidente: “Qual è l’Asia? Dove finisce l’Europa? Dove si uniscono o collidono ?” non erano domande retoriche: all’Asem la Russia rientrava tra i paesi asiatici mentre il presidente della Mongolia ha definito il suo remoto paese – che nel 2016 ospiterà l’Asem - come “ponte tra Europa e Asia”.
In un certo senso è sembrata prevalere la strategia geopolitica del presidente russo Vladimir Putin: l’Eurasia. Compresa tra Europa Occidentale e Orientale (ovvero l’Asia Centrale) e limitata a est dalla Mongolia, è il teatro in cui la Russia può svolgere un ruolo proattivo nella nuova partita del Grande Gioco (a definirlo così, nel 1898, fu Lord Curzon, vicerè dell’India, riferendosi al conflitto occulto tra Gran Bretagna e Russia per il controllo dell’Asia). La Cina reagisce alle mosse russe col progetto di una Nuova Via della Seta che connetta via terra il Regno di Mezzo alla Germania attraverso Kazakhistan, Bielorussia e Polonia per poi riconnettersi alla Via della Seta Marittima via Italia o Spagna.
Come si è verificato all’Asem, tutto ciò non contribuisce ad avvicinare Europa e Asia. “Parliamo di interdipendenza globale, ed è qualcosa di reale. Tuttavia, a prescindere dalle dinamiche economiche, mentre ogni regione è intellettualmente consapevole di ciò che sta accadendo all’altro capo dell'Eurasia, ognuna vede l’altra come lontana e, infine scollegato dalle sue preoccupazioni” ha scritto George Friedman, della società di intelligence Stratfor .
Il Grande Gioco contemporaneo, quindi, andrebbe meglio denominato con la sua altra definizione: “Il Torneo delle Ombre”. All’Asem l’ombra maggiore è stata proiettata dalla crisi ucraina, che ha offuscato ogni altra questione. Vladimir Putin e il presidente ucraino Petro Poroshenko si sono incontrati per discutere una possibile soluzione. Invano. Per giustificare “Tanto rumore per nulla”, José Manuel Barroso, presidente (sino a novembre 2014) della Commissione europea, l'organo esecutivo dell'UE, ha precisato che «era giusto discutere di Ucraina qui», come se tale discussione avesse dato rilievo al meeting. La reale giustificazione è che la crisi ucraina può aumentare i rischi di volatilità dei mercati finanziari che potrebbe colpire Asia ed Europa. «La stabilità e la pace sono fondamentali per l’economia» ha dichiarato il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy (sino a dicembre 2014).
Nel Torneo delle Ombre la scena più in luce era l’economia. A dispetto dei seguaci della Teoria del Complotto, centinaia d’imprenditori asiatici ed europei presenti all’Asia-Europe Business Forum (AEBF), manifestazione parallela all’Asem, si sono trovati concordi nella liberalizzazione delle economie. «L’Europa ha bisogno dell’Asia. Una forte economia asiatica è un motore della crescita mondiale. Allo stesso tempo l’Asia ha bisogno dell’Europa, delle sue tecnologie e dei suoi mercati» ha dichiarato Van Rompuy. «Dal punto di vista economico, l’Asia è diventata il più importante partner commerciale dell’Unione Europea, che rimane la più grande economia mondiale. La futura crescita dell’Asia, quindi, dipende dall’accesso ai mercati europei». Da parte asiatica, ha fatto notare Benjamin Philip Romualdez, presidente della Chamber of Mines delle Filippine «La nostra crescita è la vostra opportunità». In effetti, in questa seconda fase della globalizzazione (in cui sono i consumi, più che la produzione, a spostarsi verso Est), per l’Europa è decisivo riuscire a competere con successo.
In realtà, più che l’Asia in generale, l’Europa deve attrarre i China’s Superconsumers. Complice l’enorme surplus economico accumulato, le strategie della Cina cambiano: rinuncia ai profitti di breve periodo e investe enormi capitali senza badare a spese. Lo ha dimostrato l’attivismo del premier Li Keqiang all’Asem e nelle altre tappe del suo tour europeo. La Cina, infatti, sta approfittando di quella che Li definisce una “recessione economica globale” per acquisire basi d’affari nel Vecchio Continente, dove i prezzi delle aziende sono scesi e più di un governo ha chiesto aiuto a Pechino. Il premier cinese, inoltre, ha dato l’ennesima prova di “potere morbido” negli incontri col premier vietnamita Nguyen Tan Dung, ripristinando le relazioni bilaterali e rafforzando gli scambi commerciali. Offerte di collaborazione anche alla Thailandia: approfittando dello stop europeo ai negoziati commerciali in seguito al colpo di stato del maggio scorso, Li si è offerto di cooperare con la Thailandia nello sviluppo della rete stradale e delle infrastrutture.
Gli accordi bilaterali, insomma, sono stati una delle caratteristiche più evidenti dell’Asem. Il che, al tempo stesso, ne rappresenta il lato oscuro. Non tanto per la riservatezza con cui si svolgono, ma soprattutto perché mettono in ombra l’Asean. L’Associazione dei paesi del sud est asiatico, infatti, non riesce a proporsi come interlocutore unico. Nel 2009 la Commissione Europea decise di reindirizzare il proprio obiettivo dando maggiore enfasi ad accordi bilaterali coi singoli membri dell’Associazione, e all’Asem l’Unione Europea è rimasta scettica. Complice l’Aseam Business Outlook Survey 2015: ha evidenziato la diffusa preoccupazione che la tanto attesa Comunità economica dell’Asean (AEC), non sarebbe stata lanciato entro la scadenza di fine 2015. Le scadenze di troppi impegni non sono state rispettate e alcune delle iniziative più importanti non sono decollate. Secondo alcuni osservatori ciò è dovuto anche agli scarsi mezzi dell’Asean quale organismo sovranazionale. Per altri, specie tedeschi (che forse temono una replica asiatica delle distonie europee), uno dei maggiori ostacoli alla comunità economica dell’Asean è la presenza del CLMV, ossia Cambogia, Laos, Myanmar e Vietnam, paesi che hanno bisogno di più tempo per adattarsi a questa nuova dimensione economica.
In compenso, proprio l’Unione Europea ha premuto l’acceleratore sul Free Trade Agreement (FTA) tra Asean ed Eu, una mossa per contrastare altri due iperaccordi: l’americano Trans-Pacific Partnership (TPP) e il cinese Comprehensive Economic Cooperation for East Asia. Nell’Asean il maggior sostenitore del FTA con l’Europa è la Malaysia, cui spetta la presidenza dell’Asean nel 2015. «La Malaysia sosterrà il processo dell’FTA che ha subito un intoppo qualche anno fa. Speriamo in un FTA tra Asean ed Eu che rafforzi l’integrazione regionale»ha dichiarato il Primo Ministro Datuk Seri Najib Razak.
Nell’attesa che si realizzino questi macroaccordi, l’Asem ha visto stabilirsi relazioni che possono apparire marginali in uno scenario globale, ma sono fondamentali per l’integrazione regionale. Ad esempio quello tra Cambogia e Thailandia. I due premier Hun Sen e Prayut Chan-o-cha hanno avuto il loro primo incontro bilaterale dimostrando “la giusta chimica” nel far progredire una “amichevole collaborazione”. A quanto dicono fonti ben informate i due premier hanno discusso dello sviluppo di Zone Economiche Speciali (SEZ), strade, facilitazioni doganali e di frontiera. Ed era un segreto di Pulcinella la volontà comune di stabilire un’area di sviluppo comune (JDA) nel Golfo di Thailandia.
Spesso le ombre ingannano. Ciò che appare overshadowed può eclissare la minaccia del Super Chaos globale.
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