La ciotola è vuota

Molti la vedono piena. Anzi traboccante, una specie di vaso magico da cui attingere nuovi tesori. Sono gli analisti finanziari che studiano i mercati emergenti, i paesi del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) e si spingono ancor oltre, tra mercati di frontiera come Thailandia, Filippine, Indonesia.
Per un non adepto le loro analisi suonano tanto esoteriche quanto attendibili. La ciotola asiatica sembra fonte di straordinarie ricchezze. Peccato che, nella maggior parte dei casi, la geopolitica sia considerata un elemento marginale. Ci si limita a segnalare rischi d’instabilità e corruzione. The Economist, in un recente editoriale, The Last Great Hope, avverte che i mercati emergenti possono rivelarsi la prossima bolla economica.
Ma non si delinea un quadro reale. Manca del tutto la visione antropologica. «L’immagine che abbiamo della Cina e di molti altri paesi è quella degli amministratori delegati e dei politici che volano a Shanghai e a Pechino e non si rendono conto di com’è la realtà più profonda» dice il professor Gordon Mathews del dipartimento di antropologia della The Chinese University of Hong Kong.
Lo stessa distonia culturale si manifesta nelle analisi politiche. E’ il caso, ad esempio, delle prossime elezioni birmane. Secondo David Mathieson, ricercatore dello Human Rights Watch, «Nella comunità europea si è creata la strana percezione che le elezioni rappresentino davvero un primo passo verso la democrazia». E’ accaduto perché «Gli eurocrati preferiscono andare a Rangoon e incontrare le elite emergenti, mentre ignorano le comunità etniche lungo i confini perché è troppo scomodo, complicato e fuori moda».
Ci vorrebbe una rivoluzione pari a quella del principio di indeterminazione, del teorema di incompletezza, che hanno annichilito le nostre certezze scientifiche. In un certo senso è ciò che ha fatto Nassim Nicholas Taleb, docente di scienze dell’incertezza, nel suo libro Il Cigno Nero. Secondo Taleb, noi agiamo come se fossimo in grado di prevedere gli eventi, continuiamo a concentrarci su ciò che è conosciuto. Il mondo, invece è dominato da ciò che è estremo, sconosciuto e molto improbabile: il Cigno Nero.
Le nuove analisi planetarie, insomma, esigono una visione più alta e sottile, che riesca a coniugare modelli economici, politici e filosofici. Una sorta di meta-analisi. Idea intuita qualche anno fa da Pietro Citati nel saggio “Le scintille di Dio”: “Un tempo, i saggi uomini politici si facevano accompagnare da esperti di teologia o erano essi stessi eccellenti teologi. Oggi la teologia è disprezzata o praticata da persone di quart’ordine. Per il bene dell’universo, sarebbe giusto che rifiorisse al più presto».
Se ciò accadesse, se la metafisica divenisse strumento di valutazione, ci accorgeremmo che la ciotola, molto spesso, è vuota.
Lo è per un miliardo di persone che soffrono di fame cronica, due terzi dei quali concentrati in Asia. Lo precisa un rapporto della Asia Society in collaborazione con l’International Rice Research Institute: Never an Empty Bowl.
Un’altra ricerca presentata dalla Asia Society e realizzata da Medici Senza Frontiere documenta la situazione di 195 milioni di bambini che soffrono di malnutrizione. Il video Terrifing Normalcy del documentarista Ron Haviv presenta la loro tragedia in Bangla Desh.

Certo, si tratta del Bangla Desh, paese che ancora nessun analista si azzarderebbe a definire economia emergente (sino a quando?). Ma scene del genere, spesso peggiori, ti si vomitano addosso in tutta l’area. Se solo esci da un grattacielo dei centri finanziari e ti avventuri nelle campagne, nei villaggi, negli slum che spesso si trovano ai piedi di quei grattacieli.
Scrisse Sze Ma Chien, storico cinese del I secolo a.C. : “Il mondo accorre dove chiama il denaro. Il mondo si precipita dov’è più forte il guadagno”.
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