Minority Report

E’ stato presentato a Bangkok il rapporto di Amnesty International “The Repression of ethnic minority activist in Myanmar”. Sono 58 pagine frutto di due anni di lavoro. E’ l’ennesima lista di orrori, stupri, torture, lavori forzati, crimini commessi dallo State Peace and Development Council (SPDC), la giunta che governa la Birmania.
Nello stesso giorno, mentre stava arrivando in Birmania l’inviato delle Nazioni Unite per verificare eventuali progressi nel rispetto dei diritti umani, un tribunale militare ha condannato ai lavori forzati quattro donne. Erano state arrestate lo scorso ottobre con l’accusa di aver consegnato ai monaci libelli sovversivi.
In realtà, negli ultimi tempi, il regime sta applicando quella che un dissidente rifugiato a Bangkok definisce “l’offensiva dello charme”. Ha rilasciato l’ultraottantenne Tin Oo, uno dei maggiori esponenti dell’opposizione, ha dichiarato che libererà Aung San Suu Kyi e le ha concesso di incontrare alcuni dirigenti del suo partito, la National League for Democracy (NLD).
L’obiettivo è conquistare una certa legittimità internazionale e dimostrare che le prossime elezioni (indette per quest’anno senza precisare la data) non saranno una farsa bensì un passo sulla strada per la democrazia (seppure “controllata”, secondo il principio vigente in tutti gli stati del sud-est asiatico). Una strada che molti giovani comandanti militari reputano ineluttabile, non foss’altro per allargare il loro giro d’affari e non dipendere totalmente dal controllo cinese.
In questo scenario, come ha dichiarato il rappresentante di Amnesty Benjamin Zawacki, tutta l’attenzione sarà focalizzata sulla Signora Suu Kyi e la National League for Democracy, dimenticando le minoranze (il 40% della popolazione), che pure “hanno giocato un ruolo importante nel movimento d’opposizione”.
La giunta militare, invece, afferma che quelle contro le minoranze sono operazioni militari contro gruppi separatisti e terroristi. Un problema reale, sussurrato anche da alcuni esponenti dell’opposizione. Nel momento in cui in Birmania s’indebolisse il regime centrale, si correrebbe il rischio di una guerra tra vari Signori della Guerra e della Droga. Il che non giustifica la politica della giunta, che opera nella presunzione di ciò che potrebbe accadere per stabilire una vera e propria etnocrazia.
Il rapporto di Amnesty diviene davvero un Minority Report, come nel film di Steven Spielberg. In un futuro dove il crimine viene combattuto prima che avvenga sulla base di percezioni extrasensoriali, c’è un “rapporto di minoranza” che le interpretata in maniera diversa. C’è sempre qualcuno, come Amnesty, che ha e ci dà una visione che pone l’essere umano al di sopra di ogni sospetto.

Per il download del documento di Amnesty clicca qui.

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