Un golpe postmoderno

“Come interpreti la strategia dei militari thai nei confronti dei media? Perché è così importante per loro controllare tv e giornalisti?”. Questa domanda mi è stata rivolta qualche giorno fa da una giovane giornalista di una delle più importanti reti televisive globali. Domanda stupefacente, letteralmente. Mi stupisce il candido stupore della giornalista: perché è importante controllare l’informazione in caso di colpo di stato??!!
E’ così da sempre. Senza studiare i classici (che siano Sun Tzu o Machiavelli), basterebbe sfogliare un interessante libretto di Edward N. Luttwak: Coup d'État: A Practical Handbook. E’ stato pubblicato nel 1968, in un’epoca in cui i colpi di stato erano molto più diffusi e il concetto d’informazione più approfondito. L’informazione al tempo dei social media sembra una conferma del principio d’indeterminazione. La velocità rende impossibile determinare contemporaneamente l’approfondimento.
La Thailandia del colpo di stato, Bangkok in particolare, sta diventando un laboratorio dove si verifica questo fenomeno di politica quantistica. Pochi manifestanti molto osservati da un nugolo di fotografi, operatori, reporter. La comunicazione via twitter, più che ai manifestanti serve ai giornalisti per sapere dove trovarli. Ne consegue una distorsione dell’oggetto osservato e quindi della comunicazione. Come dimostra quella stupefacente domanda: l’effetto (il controllo) occulta la causa (la presa di potere). La mancanza d’approfondimento, inoltre, giustifica un’altra distorsione della realtà: quella che si verifica utilizzando foto riprese tra il 2006 e il 2010 semplicemente perché più drammatiche o perché mostrano i carri armati in strada.
Questo è un golpe postmoderno in tutti i sensi. I pochi manifestanti che si materializzano, specie durante il week-end, in vari punti di Bangkok utilizzano modi sempre più creativi, ispirati a messaggi e forme della cultura globale, per dimostrare il proprio dissenso. Come il saluto “rivoluzionario” tratto dal film Hunger Games, la lettura in piccoli gruppi (per non infrangere la legge marziale) di 1984 di George Orwell, i “sandwiches for democracy” (“stiamo solo mangiando un sandwich” hanno detto le universitarie fermate per aver infranto la legge marziale). Senza contare che, subito dopo il golpe, uno degli emblemi dell’opposizione era Ronald McDonald, il pupazzo clown di McDonald, dato che uno di quei fast food era ritrovo dei manifestanti.
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I militari, dal canto loro, hanno adottato una tecnica mista, “overt and covert”, aperta e occulta, che è la rielaborazione del concetto d’alternanza duro-morbido insito in tutta le cultura e le arti marziali asiatiche.
L’apertura, o la morbidezza, si esprime soprattutto nell’operazione “ridiamo la felicità al popolo”, lanciata sul modello dell’idea di felicità interna lorda. Quell’indicatore di benessere è stato adottato diversi anni fa nello stato himalayano del Bhutan ed è divenuto un modello d’economia politica d’ispirazione buddhista nonché un felice esempio di marketing.
Per ridare felicità al popolo la giunta thailandese ha un programma ambizioso: misure economiche (alcune già sostenute dal governo deposto) a sostegno delle classi più povere e egli agricoltori. Rilancio delle grandi opere (alta velocità, prevenzione delle inondazioni). Campagna contro la corruzione e per la trasparenza nelle rendite dei pubblici ufficiali. Miglioramento dei servizi pubblici. Promozione del turismo interno (con tour a basso costo). Inoltre ha sottilmente lanciato una campagna d’orgoglio nazionale contrapponendo i valori asiatici (quegli stessi sostenuti dalla Cina) in contrasto ai valori che gli occidentali con un po’ di arroganza culturale si ostinano a chiamare “universali”.
Considerando la vocazione thai al “sanuk”, il divertimento, la felicità è perseguita anche con concerti, spettacoli, siparietti di ragazze in mini-mimetiche, bancarelle di cibo gratis e addirittura un servizio di barbiere. Sempre in nome del divertimento e pensando anche ai turisti, il coprifuoco è stato annullato nelle destinazioni di vacanza e là dove erano previsti i “full moon party”.
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Wilawan Watcharasakwet/The Wall Street Journal
In questo schema l’infelicità diventa una colpa, appare come una manifestazione antisociale, nichilista, di chi non riconosce all’esercito il merito di aver riportato l’ordine nel paese. Più che al 1984 di Orwell, bisognerebbe riferirsi a Il mondo nuovo di Huxley.
L’aspetto occulto, duro, si manifesta nella repressione di ogni dissenso, anche minimo, nelle limitazioni dei diritti e delle libertà civili, nel controllo sui media e ancor più sull’educazione. Più inquietante ancora è la capacità di convincere gli oppositori arrestati a sottoscrivere una sorta di abiura. Il che è accaduto nonostante i periodi di detenzione in molti casi siano stati molto brevi e, come hanno ammesso gli ex detenuti, più simili a “una specie di vacanza”. Forse è proprio questo il meccanismo di pressione psicologica più potente, almeno per la mente asiatica: il sottinteso. Unito alla consapevolezza che, se il confronto degenera, non c’è più alcuno spazio d’accordo.
A livello di opinione pubblica il vero flop è stato il blocco di Facebook per mezz’ora. Doveva essere un avvertimento. Ma si è ritorto contro i militari: la reazione di milioni di utenti è stata feroce. Non perché sentissero minacciata la libertà di espressione, ma perché non potevano più comunicare con gli amici, postare foto, fissare appuntamenti, organizzare incontri e condividerli.
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